Cosa si intende per teoria del complotto? Quali variabili (affettive, sociali e cognitive) favoriscono l’adesione ad una falsa teoria della cospirazione? Quali sono i bisogni che tale tipo di credenza tenta di soddisfare? Quali gli effetti? Leggiamo chi l’argomento l’ha studiato e proviamo a farcene un’idea!
Che coinvolga tematiche di ordine politico, sociale, economico o scientifico, una teoria del complotto, secondo una tra le definizioni più popolari, si costituisce come convinzione che un gruppo di attori si incontri segretamente con il proposito di conseguire un qualche obiettivo malevolo [1]. Come intuibile l’interesse delle discipline psicologiche non è rivolto all’evento specifico, al quale solo la storia può riconoscere o meno la dignità di cospirazione, ma all’organizzazione del pensiero, alla mentalità cospirazionista [2], a quella visione del mondo che fa sua non l’ipotesi ma la certezza dell’esistenza di piccoli ma potenti gruppi di individui che tramano, ingannano, falsificano e occultano la realtà, proponendo artificiose narrative con l’obiettivo di adombrare una turpe intenzione di danneggiamento.
La teoria del complotto secondo una prospettiva evoluzionista
Secondo una prospettiva evoluzionista la credenza nell’ipotesi del complotto può aver rappresentato un adattamento della mente umana emerso e mantenuto allo scopo di avvisare gruppi di uomini della possibilità che altri uomini formino pericolose coalizioni contro di loro e, di conseguenza, stimolare azioni appropriate per respingere tali minacce [3]. L’utilità di un tale dispositivo di protezione, individuale e sociale, non è in discussione né in un mondo ancestrale né nella società attuale. Esistono dei pericoli che interessano le dinamiche inter-gruppo e possedere uno strumento capace anche solo di immaginarli svolge, senza dubbio, una funzione vitale. Ma la domanda è: perché alcune persone, o gruppi di persone, sono più sensibili alle teorie della cospirazione? Perché in alcuni individui, o comunità, rinveniamo una iperattivazione del dispositivo di rilevamento del complotto?
Chi è più sensibile alle teorie cospirazioniste?
Semplificando di molto. Le ricerche ci dicono che accolgono più facilmente una teoria del complotto individui che presentano bassi livelli di autostima [4]; che sono più vulnerabili, incerti, insicuri. Più dominati, rispetto ad altri, da emozioni negative [5] come rabbia, paura e infelicità. Più frequentemente si riconoscono come mancanti di una soddisfacente capacità di controllo [3] dell’ambiente all’interno del quale sono inseriti, un ambiente con reti sociali deboli [5], non raramente caratterizzato da emarginazione [3] e dalla percezione del contesto come anomico e alienante [6]. Presentano, più di altri, alti livelli di sfiducia nei confronti delle istituzioni, anche quelle non direttamente coinvolte con la teoria cospirazionista specifica, e nutrono maggiore diffidenza generalizzata nei rapporti interpersonali. Presente una tendenza a percepirsi come vittime di persecuzioni organizzate e nel contempo come potenziali eroi, coraggiosi antagonisti delle nefaste intenzioni della cospirazione [7]. Una certa tendenza paranoide [8] e un certo grado di narcisismo [6] si mescolerebbero ad un’inclinazione alla proiezione sull’Altro di un cinismo e di un macchiavellismo che risponderebbe alla logica: “io cospirerei!” [9]. In presenza di livelli più bassi di pensiero analitico [6], più di altri farebbero ricorso, nel tentativo di comprendere i fenomeni e di fronteggiare la realtà, all’uso di euristiche e di processi mentali intuitivi [3]. Guidati dalla sottostima, nel verificarsi di un evento, della possibile presenza di incidenti, errori umani e probabilità, appaiono più inclini a rilevare intenzionalità anche laddove non presente [6] e commettono più errori durante la ricerca, non raramente degenerante [10], di spiegazioni causali degli eventi [5].
Quali bisogni la credenza nelle teorie della cospirazione promette di soddisfare?
- Trovare significati e modelli che aiutano nel processo di comprensione dell’ambiente. Le teorie della cospirazione sembrano, non raramente, attrarre individui che cercano significati accurati nelle esperienze ma mancano degli strumenti che impediscono loro di raggiungere tali obiettivi attraverso mezzi più razionali [9]. Il riferimento alla teoria del complotto assicura di colmare l’incomprensibile attraverso la proposta di spiegazioni ampie, accessibili, semplici e automatiche [11] in accordo con schemi preesistenti di lettura della realtà che includono la presenza di pregiudizi negativi nei confronti dei gruppi dominanti e della loro proposta narrativa di eventi e circostanze.
- Ridurre il senso di incertezza, insicurezza e vulnerabilità generato da eventi e/o circostanze non immediatamente comprensibili che hanno carattere di esperienza traumatica [12]. Un evento che minaccia l’integrità individuale e/o collettiva favorisce, non raramente, la ricerca e l’individuazione di un nemico tangibile [11] sul quale esternare emozioni di rabbia e paura. Ancora, sentire di possedere un dispositivo di rilevazione dell’imbroglio – cheater detection [13] – incoraggia l’emersione di un senso compensatorio di controllo in accordo con l’idea che riconoscere il pericolo rappresenta un vantaggio per ridurre e/o neutralizzare la sua capacità di minaccia.
- Sentirsi unici e migliori. Immaginare di possedere informazioni rare e importanti, che altre persone non hanno, supporta la sensazione di essere speciale [9]. In aggiunta, come intuibile, attribuire ad un gruppo, altro dal proprio, intenti immorali migliora, attraverso il confronto inter-gruppo, l’immagine di Sé e delle proprie appartenenze.
Le promesse sono mantenute? I bisogni sono soddisfatti?
Le ricerche ci dicono di no. La credenza nelle teorie della cospirazione aumenta, e non diminuisce come promesso, il livello di incertezza, vulnerabilità e sensazione di mancanza di potere [6]. Incrementa, e non riduce, i livelli di rabbia, paura e infelicità [5]. La teoria del complotto appare corrosiva [5] del capitale sociale. Sembra sopprimere il senso di autonomia e controllo rendendo le persone meno inclini a impegnarsi nelle organizzazioni e nei processi politici tradizionali [6]. Appare promuovere, in tal senso, il ritiro sociale e politico contribuendo alla rappresentazione del popolo come ignorante e in balia di poteri incomprensibili e frustrando il bisogno delle persone di vedersi come parte di una comunità moralmente rispettabile [6]. Più spesso governato da meccanismi di polarizzazione di gruppo [10] e correlato a populismo, estremismo politico e fondamentalismo religioso [3], raramente si costituisce come ingrediente fecondo del discorso democratico [9].
Cosa non fare e cosa ricordare quando ci si confronta con un teorico della cospirazione?
Le teorie del complotto sono resistenti alla falsificazione [7] e possiedono proprietà autosigillanti [11]. Ogni tentativo di contrastare l’ipotesi complottista è, frequentemente, riletto come parte integrante della strategia cospirativa. Confutare razionalmente l’ipotesi cospirazionista non sembra particolarmente efficace perché molte teorie della cospirazione non sono razionali e il ragionamento non è la causa principale di tali teorie [14]. Attaccare e/o ridicolizzare l’adesione ad una teoria del complotto sembra essere controproducente perché radicalizza la posizione [10] rendendo i gruppi più conservatori e maggiormente resistenti al cambiamento [15]. Più utile supportare il generale esercizio del pensiero analitico [16] non privando l’Altro della percezione di avere potere cognitivo. Indispensabile tenere a mente le urgenze psicologiche a fondamento dell’ideazione cospirazionista, utilizzando, nella gestione della questione, un certo grado di empatia.
Riferimenti
[1] Bale, J.M. (2007) Political paranoia vs political realism: on distinguishing between bogus conspiracy theories and genuine conspiratorial politics. Patterns of Prejudice, 41 (1), 45-60.
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[3] van Prooijen, J.W., van Vugt, M. (2018) Conspiracy theories: evolved functions and psychological mechanism. Perspective on Psychological Science, 13 (6), 770-788.
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[5] Freeman, D., Bentall, R. P. (2017) The concomitant of conspiracy concerns. Social Psychiatry and Psychiatric Epidemiology, 52 (5), 595-604.
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[9] Douglas, K.M., Uscinski, J.E., Sutton, R.M., Cichocka, A., Nefes, T., Ang, C.S., Deravi, F. (2019) Understanding conspiracy theories. Advances in Political Psychology, 40 (1), 3-35.
[10] Sunstein, C.R., Vermule, A. (2009) Conspiracy theories: causes and cure. The Journal of Political Philosophy, 17 (2), 202-227.
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[14] van Prooijen, J.W. (2018) Empowerment as a tool to reduce belief in conspiracy theories. In Uscinski, J.E. (2018) Conspiracy theories and the people who believe them (422-442). New York: Oxford University Press.
[15] Zollo, F., Bessi, A., Del Vicario, M., Scala, A., Caldarelli, G., Shekhtman, L., Havlin, S., Quattrociocchi, W. (2017) Debunking in a world of tribes. PLoS One, 12 (7).
[16] Swami, V., Voracek, M., Stieger, S., Tran, U.S., Furnham, A. (2014) Analytic thinking reduces belief in conspiracy theories. Cognition, 133 (3): 572-585.